ORATORIO DEI BATTUTI

L'Oratorio dei SS. Lorenzo e Marco dei Battuti si trova a Vittorio Veneto in provincia di Treviso.
L'Oratorio nel 2015 è stato segnalato da Touring Club tra le 50 bellezze italiane nascoste.

L'Oratorio dei Santi Lorenzo e Marco venne fatto erigere dalla Confraternita di Santa Maria dei Battuti, così chiamati perché, tra le altre pratiche penitenziali, compivano una processione pubblica in cui si percuotevano con uno strumento detto disciplina o flagello. Tale Confraternita era un'organizzazione laica che si dedicava all'assistenza dei bisognosi, provvedendo, presso l'"ospedale" e l'attigua cappella, alla loro cura "materiale" e "spirituale"; essa venne istituita ufficialmente nel 1313, ma si stabilì in questo luogo forse già dalla fine del XIII secolo. L'interno dell'Oratorio è decorato da un suggestivo ciclo di affreschi, realizzati nel corso della prima metà circa del XV secolo da diversi artisti, riferibili alla cosiddetta "pittura gotico devozionale"; essi raffigurano una splendida Crocifissione, presso l'altare; le Storie di S. Lorenzo e le Storie di S. Marco, lungo le pareti; i quattro Evangelisti e i Dottori della Chiesa, sulle volte delle due campate. L'Oratorio subì varie vicissitudini nel corso dei secoli, la più clamorosa delle quali fu il suo utilizzo nel 1797, durante l'occupazione delle truppe napoleoniche, come cucina da campo; inoltre, nel secolo successivo ne vennero ampliate le finestre, con la perdita di parte della decorazione interna, e l'ultima campata fu modificata per la realizzazione dell'adiacente "Torre dell'orologio" in luogo dell'antica "Porta San Lorenzo".

I testi qui riportati sono tratti da V. PIANCA, L'Oratorio dei SS. Lorenzo e Marco della Confraternita di S. Maria dei Battuti di Serravalle, Grafiche C&D, Conegliano 2005, cui si rimanda per le note di approfondimento, la citazione completa delle fonti e la bibliografia di riferimento.

AFFRESCHI | LA STORIA | CRITICA

GLI AFFRESCHI

Le due volte e le cinque pareti delle due campate


Prima campata: parete principale - La Crocifissione
Prima campata: parete destra - Inizio del racconto di San Lorenzo
Prima campata: parete sinistra - Conclusione del racconto di San Lorenzo
Volta della prima campata - I quattro Evangelisti
Sottarco e pilastri - Cristo e i dodici Profeti
Volta della seconda campata - I quattro Dottori della Chiesa
Seconda campata: parete destra - Alcuni fatti della vita di San Marco
Seconda campata: parete sinistra - Altre storie della vita di San Lorenzo
Seconda campata: pilastri - Alcune curiosità

PRIMA CAMPATA: PARETE PRINCIPALE

La Crocifissione


Sulla parete di nordest, ove è oggi l'altare, è dipinta una Crocifissione affollata di soldati e pie donne attraversata purtroppo da una fascia orizzontale dove cadute dell'intonaco, dovute all'architrave lignea interna, han causato la perdita della superficie pittorica. Nella figura del centurione romano che si rivolge al Cristo e si converte qualcuno ha voluto riconoscere l'offerente, per la similitudine degli atteggiamenti in dipinti analoghi. Per esso si è fatto il nome di Ercole De Playo, nominato notaio perpetuo della Confraternita dei Battuti nel 1443, mentre nell'abbigliamento qualcun altro vi ha riconosciuto il rocchetto rosso di un ecclesiastico. Quest'ultima ipotesi, finora ritenuta improbabile, acquista nuovo vigore dopo la scoperta della lettera di Nicolò Albergati, che passa per Serravalle - S. Andrea a cavallo in veste di viaggiatore diretto a Norimberga nel 1438. Lo stesso vestito, guarda caso, con cui Jan van Eyck ritrae l'Albergati nel discusso ritratto conservato a Vienna e nel disegno preparatorio di Dresda (a dispetto dell'opinione contraria di Weiss, "Burlington Magazine", 1955). Sopra la turba dei soldati sventolano le insegne dei Romani (SPQR) e di uno Scorpione, immagine che non si è potuta decrittare altrimenti che come un simbolo medievale delle forze del male.
A destra dell'altare un reliquiario marmoreo "con un coronamento a conchiglia di stile lombardesco" fu inserito nel 1504 su una parte del muro dove già vi era inserito un tabernacolo eucaristico ligneo, circondato dalla tenda dipinta che ancora vi si nota. Crediamo di poter individuare la portella del tabernacolo originale in quella, conservata presso il Museo del Cenedese, che rappresenta una Imago pietatis. Questa è la ragione, forse, per cui all'epoca in cui fu impiantato il reliquiario, si fece dipingere en pendant sopra la porta a sinistra un Ecce Homo entro una lunetta coronata a conchiglia, a risarcimento di quello che si toglieva. Sotto di questo si celò così la precedente immagine quattrocentesca di un Angelo entro una finestra gotica di cui oggi è visibile un lacerto. | TOP |

PRIMA CAMPATA: PARETE DESTRA

Inizio del racconto di San Lorenzo


Sulla parete di destra hanno inizio le Storie di S. Lorenzo, che poi continuano sulla parete sinistra nella prima e nella seconda campata. I vari episodi sono distribuiti sulla superficie della parete affrescata con quella simultaneità narrativa tipica di tanta pittura medioevale. Tre cartigli, oggi illeggibili, recavano le didascalie di commento. San Lorenzo subì il martirio con ogni probabilità il 10 agosto 258 sotto l'imperatore Valeriano che fece strage di uomini di chiesa. Ad essi però fu riservata solitamente la morte per decapitazione. L'imperatore non ricorse alla tortura che fu invece messa in atto dal suo successore Decio. Ecco forse perché la tradizionale storia di San Lorenzo, con le varie torture subite prima del martirio, fa risalire dunque al tempo di Decio gli eventi. Di questa diffusa agiografia medievale si fece interprete la Legenda aurea di Jacopo da Varagine, che noi seguiamo nella lettura degli episodi affrescati, indicandoli da sinistra a destra.
Sulla parete alla nostra destra, guardando la Crocifissione: San Sisto II papa viene decapitato alla presenza dei diaconi Lorenzo, Felicissimo e Agapito; San Lorenzo distribuisce ai poveri i tesori della Chiesa; Il Santo è condotto davanti al prefetto Valeriano; In prigione catechizza i compagni e altri fedeli che si inginocchiano all'esterno; Da dietro le sbarre battezza un giovane pagano; Prende per mano il prefetto del carcere Ippolito, che, convertito al Cristianesimo, diventerà suo compagno di martirio. | TOP |

PRIMA CAMPATA: PARETE SINISTRA

Conclusione del racconto di San Lorenzo


Di fronte, sulla parete di sinistra, si concludono le Storie di S. Lorenzo con il tradizionale martirio. Purtroppo l'allargamento ottocentesco della sottile finestra gotica originale ci ha rubato un poco della scena: San Lorenzo è messo a morte sulla famosa graticola mentre il tiranno (Decio, Valeriano?) osserva dalla finestra del palazzo imperiale; Gli angeli portano l'anima del Santo a Dio in Paradiso circondato da Serafini; San Lorenzo è torturato da due truci sgherri. | TOP |

VOLTA DELLA PRIMA CAMPATA

I quattro Evangelisti


Sulle vele della volta sono dipinti i quattro Evangelisti, assisi in trono, con i rispettivi loro simboli: S. Matteo e l'Angelo; S. Luca con il Vitello o Bue; S. Marco con il Leone; S. Giovanni con l'Aquila. Ognuno ha davanti a sé un cartiglio, oggi illeggibile, ma con ogni probabilità l'inizio dei rispettivi Vangeli.
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SOTTARCO E PILASTRI

Cristo e i dodici Profeti


Sull'intradosso dell'arco fra la prima e la seconda campata sono raffigurati: in alto al centro dell'arco e come chiave di volta della storia umana Gesù Cristo; alla sua sinistra i Profeti Davide, Osea, Ezechiele, Amos, Giona, Abdia; alla sua destra Daniele, Samuele, Elia, Geremia, Zaccaria, Abacuc. Tutti i profeti reggono un cartiglio con il proprio nome: "Davide, Ocia, Esechiel, Amos, Jonas, Abdia - Daniele, Samuel, Elias, Geremias, Zacharias, Abachuc".
Sui pilastri che sostengono l'arco sono affrescate: entrando, a destra della porta d'ingresso S. Agata; di fronte, S. Augusta. Una identica decorazione a nastro incornicia nella prima e seconda campata tutti gli archi. È assente dalla volta della prima campata mentre s'incrocia, seguendo gli spigoli delle vele, nella seconda. | TOP |

VOLTA DELLA SECONDA CAMPATA

I quattro Dottori della Chiesa


Sulla volta della seconda campata sono dipinti quattro grandi Dottori della Chiesa, pure assisi in trono, accompagnati ciascuno dal simbolo di un Evangelista e da un'immagine della vita di Cristo. L'Evangelista e l'immagine sottolineano il testo evangelico o il tema cristologico affrontato di preferenza o con maggiore profondità dalla riflessione di ogni Dottore. Così vediamo: S. Girolamo, accompagnato dall'Angelo, simbolo di S. Matteo, recante un cartiglio con la scritta "Principes sacerdotum crucifixerunt eum" ed il Crocifisso, a ricordare il lavoro esegetico sulla Passione e morte di Cristo, svolto da S. Girolamo. Sant'Ambrogio, con quello che è il simbolo dell'Evangelista S. Luca: un Bue, simbolo della sua mitezza, o meglio un Vitello, animale destinato ai sacrifici e simbolo quindi del sacerdozio di Luca, con la scritta "Pastores loquebantur ad invicem"; Gesù bambino nella mangiatoia allude al racconto della Natività fatto dall'Evangelista come, forse, ai testi e inni di S. Ambrogio dedicati al Natale di Cristo. Papa San Gregorio magno, con il Leone di S. Marco, "Praecedit vos in Galileam ubi eum videbitis" ed il Cristo risorto; a ricordo delle omelie papali o forse a rimarcare il fatto che la riforma liturgica Gregoriana aveva comandato di leggere come primo brano evangelico della liturgia pasquale proprio il testo di Marco. Sant'Agostino con l'Aquila, simbolo dell'acutezza dello sguardo teologico di S. Giovanni, la scritta "Jesus sic fatigatus sedebat super fontem", e Gesù che assolve la Samaritana, fanno riferimento ai delicati temi della Giustificazione affrontati dal vescovo di Ippona. | TOP |

SECONDA CAMPATA: PARETE DESTRA

Alcuni fatti della vita di San Marco


La parete di destra della campata è divisa in due scomparti. Quello superiore ospita, con la consueta visione sincronica, tre episodi delle Storie di S. Marco: San Marco legato viene trascinato a terra per la città di Alessandria; San Pietro battezza San Marco, per antica tradizione suo discepolo; Il Santo guarisce con la saliva il ciabattino Aniano, che si era ferito nel riparare i suoi calzari.
Lo scomparto inferiore è dipinto come un polittico di cui finge le cornici in legno intagliato racchiudente le tavole. Sullo sfondo delle note nicchie gotiche una figura in trono stava affiancata da quattro Santi. La figura centrale ed i due Santi a Lei vicini sono però oggi quasi cancellati a causa dell'altare ligneo dedicato a San Marco, conservato in Museo del Cenedese e sovrappostovi fin dal 1569. Coerentemente con l'impianto cultuale complessivo il posto d'onore sarebbe riservato alla Madonna con due Santi al fianco i quali dovrebbero essere S. Lorenzo e S. Marco. Resta però la difficoltà di attribuire una figura a San Lorenzo visto il costante e puntiglioso permanere della graticola nell'iconografia del Santo, graticola che qui invece non compare. Forse è lecito pensare invece a San Marco in trono con Santa Augusta (a sinistra) e Sant'Agata (a destra). Ai loro lati, rispettivamente a sinistra e a destra, si conservano: S. Liberale, patrono di Treviso, e S. Vittore, patrono di Feltre di cui reca l'insegna. Il sottostante altare per cui queste figure fungevano in origine da pala doveva essere quello di S. Marco. | TOP |

SECONDA CAMPATA: PARETE SINISTRA

Altre storie della vita di San Lorenzo


Sulla parete di sinistra vi sono altri episodi delle Storie di S. Lorenzo, divisi in due scomparti da una fascia orizzontale per analogia visiva con la parete di fronte: San Lorenzo viene torturato da due aguzzini, mentre invece il pagano Ippolito si converte e gli porge l'acqua per essere battezzato; Un uomo e una donna guardano la scena dall'alto del palazzo; Cristo scende dalle nubi benedicendo; Un soldato percuote il Santo sulla bocca, o forse lo costringe a mangiare la carne delle offerte agli idoli, mentre il tiranno (Decio o Valeriano?) osserva la scena da una finestra; San Lorenzo presenta al prefetto i poveri come tesoro della Chiesa, accompagnato dal convertito Ippolito; San Lorenzo viene spogliato dei suoi abiti, mentre da un palazzo un uomo e una donna assistono alla scena.
Sugli ultimi due pilastri un S. Bernardino da Siena ed una Madonna con Bambino, entrambi molto rovinati dai lavori di ristrutturazione della campata di fondo della Cappella. | TOP |

PILASTRI DELLA SECONDA CAMPATA

Alcune curiosità

Seguendo le indicazioni del Crico (Lettere sulle belle Arti trevigiane. Treviso 1883, p. 273), nel corso dei restauri del 1954 abbiamo cercato di trovare traccia degli affreschi che avrebbero dovuto decorare il secondo sottarco e la terza campata. Demolendo un muro divisorio costruito intorno al 1840, abbiamo infatti trovato, a sinistra, una Vergine col Bambino, e a destra un affresco che sembrò in netta contraddizione con la cronologia proposta; l'immagine aureolata di San Bernardino, che il Vescovo Antonio Correr chiamò a predicare a Serra valle nel 1432, non poteva infatti essere di molto anteriore al 1450, anno in cui il predicatore di Siena fu proclamato Santo. L'insolita presenza di una decorazione ad encarpi, la forma delle pieghe dell'abito e il modo con il quale la figura è impostata entro un'edicola a tutto sesto, ci avevano messo il sospetto che questo affresco fosse stato aggiunto in un momento successivo, da un pittore che ricorda Dario da Treviso. Ma, durante i lavori di restauro, ci si accorse infatti che quella pittura era stata applicata su un precedente affresco, eseguito qualche decennio avanti: ha trovato così conferma l'ipotesi che la decorazione di San Lorenzo è stata ultimata prima della metà del secolo XV. | TOP |

Questo testo è tratto da: G. Cappellaro - A. Momo, La chiesa di San Lorenzo a Serravalle e i suoi affreschi, in M. Muraro (a cura di), La chiesa di San Lorenzo a Serravalle e i suoi affreschi, Del Bianco, Udine 1975, pp. 7-28, in part. p. 23-25

LA STORIA

Non si conosce la data esatta di fondazione dell'Oratorio o Cappella dedicata ai SS. Lorenzo e Marco eretto dalla pia Confraternita di Santa Maria dei Battuti di Serravalle. I documenti più antichi per la sua datazione, conservati in copie posteriori, sono una Bolla ed una Lettera d'indulgenze a favore della Cappella del papa Eugenio IV, entrambe del 1434. Eugenio IV (Gabriele Condulmer, veneziano) era cugino del Vescovo di Ceneda Antonio Correr, che resse la diocesi dal 1409 al 1445, omonimo e cugino a sua volta del Cardinale Antonio Correr. La Bolla, del 12 marzo 1434, conferma, autorizzandovi il culto, l'avvenuta fondazione ed erezione della Cappella di San Lorenzo e Marco dotata di un altare. A quella data dunque essa risulta già fondata ed eretta dalla Confraternita dei Battuti con loro collette e con fondi dell'attiguo Ospedale dei Poveri di Santa Maria. Il testo ci informa, fra le righe, che la Confraternita era attiva da molto tempo e che la struttura si presentava come quella tipica dei Disciplinati: Ospedale, Cappella e Sala Riunioni, alla porta sud della città, e che il Papa interviene quindi a regolarizzare, sia sotto il profilo cultuale che della raccolta e destinazione dei fondi, una situazione esistente e funzionante. Il papa non cita espressamente la Confraternita, anzi usa l'espressione "nonnullorum Opidanorum… in domo hospitalis pauperum beate Marie dicti Opidi pro pijs exercendis operibus certis Mensium singulorum diebus congregari solitorum" "alcuni abitanti… nella sede dell'ospedale dei poveri della beata Maria di tale cittadina che sono soliti riunirsi in alcuni giorni a mesi stabiliti per esercitare pratiche di devozione" e che per questo avevano fondato una Cappella ed in essa un Altare dove un proprio Cappellano, o altri sacerdoti, potevano celebrare la Messa e officiare le normali pratiche pie. La Cappella appare dunque già costruita ed esistente all'interno del complesso ospedaliero, in dicto hospitali, ed era usata a giorni prefissati sia dai confratelli, per la loro salute spirituale, e per quella di quanti poveri e malati si fossero poi radunati in essa o fossero affluiti all'Ospedale per cercarvi la salute del corpo. Questi cittadini chiedono che le offerte, le elemosine ed altre erogazioni che nella Cappella e nell'Ospedale si raccolgono vengano integralmente devolute agli stessi ed ai poveri e agli ammalati. Il Papa risponde accogliendo ogni loro richiesta alla semplice condizione che essi di ogni colletta debbano rendere conto, nella forma di legge, al Vescovo titolare della Diocesi di Ceneda. Curioso è un passaggio che affidiamo alla riflessione del lettore. Il Papa concede l'autorizzazione al culto e quindi alla celebrazione della Messa, dei Sacramenti e di ogni altro divino officio, commentando: "…qui etiam de licentia tamen Cenetensis pro tempore existentis Episcopi…dummodo talia non fuerint propter que sit sedes apostolica merito consulenda"… che pur rientrando anche nei poteri del Vescovo esistente pro tempore… dato che esse non sono state prese in considerazione per cui tocca all'autorità apostolica provvedervi…". Questo lascia intravvedere due possibili eventualità: la fondazione della Cappella è avvenuta quando il Vescovo di Ceneda Antonio Correr non c'era, presumibilmente fra gli anni 1411 e 1418 quando gli Ungheri di Pippo Spano occupavano Serravalle, oppure in tempi lontani, fra il 1260 ed il 1313, gli anni di maggior sviluppo delle Confraternite dei Disciplinati, e degli Ospedali da loro fondati e gestiti, ma anche il periodo di maggiore contrasto fra il movimento laicale dei Battuti e la Santa Sede. Colpisce inoltre un'altra espressione il cui significato potrebbe anche travalicare un mero formalismo ripetitivo e contenere informazioni criptate che ormai ci sfuggono: "…huiusmodi supplicationibus inclinati fundationem et erectionem predictas ac quecumque inde secuta apostolica auctoritate confirmamus et presentis scripti patrocinio communimus, supplentes omnes defectus siqui forsan intervenerint in eisdem." "…allo stesso modo tesi a soddisfare le suppliche confermiamo con l'apostolica autorità e appoggiamo con il patrocinio del presente scritto fondazione ed erezione predette e tutto quanto ne è seguito colmando ogni mancanza qualora fosse intervenuta in esse…" Il defectus è un formalismo, è di forma o di sostanza? Allude a qualcosa di non corretto nelle origini o al troppo tempo trascorso senza la regolare autorizzazione episcopale? Difficile saperlo oggi. Non è però fuori luogo nemmeno pensare che l'erezione della Cappella, avvenuta in dicto hospitali a ridosso della cinta muraria della città, strettamente accostata alla Torre che sovrastava con funzione di Porta la strada che taglia Serravalle da nord a sud, sia di poco anteriore alla Bolla pontificia di Eugenio IV. Neppure siamo in grado di precisare se i dipinti all'interno della Cappella siano tutti posteriori al 1434 o se qualche parte fosse già compiuta a tale data. Senza dubbio i sette anni di invasione ed occupazione di Serravalle e Ceneda da parte degli Ungari (1411-1418) hanno comunque costituito un azzeramento di molte situazioni locali, ulteriormente compromesse sul piano religioso da controversie in atto che funestavano continuamente la vita della chiesa. Il vescovo di Ceneda Antonio Correr, nominato dallo zio Gregorio XII nel 1409, non poté in pratica prendere stabile possesso della sua diocesi che dopo la pace fra Venezia e gli Ungheri del 1418 ed i suoi primi burrascosi rapporti con i diocesani non furono appianati che nel 1428, quando essi finalmente lo riconobbero e l'accolsero. Nello stesso anno egli cominciò le sue visite pastorali nel territorio e diede inizio con fervore a varie iniziative pubbliche di incremento del culto e della pietà religiosa. Contemporaneamente all'emanazione della Bolla di approvazione il Papa concede anche una Lettera d'indulgenze, proprio su istanza dei "Confratelli della Congregazione della Scuola dell'Ospedale intitolato a Santa Maria dei Battuti di Serravalle della diocesi Cenedese". Essendo le risorse della stessa Scuola così deboli e scarse che non si può far fronte contemporaneamente alle necessità di funzionamento e manutenzione dell'Ospedale e della Cappella "Noi desiderando che la stessa Cappella con adeguati onori si frequenti ed onorevolmente sia completata ed ornata e che la stessa e l'Ospedale allo stesso modo siano sottoposti ad adeguata manutenzione e riparazione…" concediamo indulgenze a quanti prontamente porgano le mani in aiuto. Questo il senso della concessione papale. Neppure dell'Ospedale dunque sappiamo la data di istituzione. Dai documenti sembra possibile dedurre con che esso sia preesistente alla Cappella solo se intendiamo dal riferimento contenuto nel testo della Bolla che essi prima si riunivano nell'Ospedale e poi, per migliore comodità, fondarono una Cappella. Se pensiamo invece che le espressioni appena lette significhino che, dovendo i Battuti riunirsi periodicamente a pregare nell'Ospedale vi fondarono ed eressero la Cappella dei Santi Lorenzo e Marco, allora Ospedale e Cappella nacquero contemporaneamente. Personalmente propendo a pensare ad un'origine contemporanea e contestuale alla istituzione della Confraternita di Santa Maria dei Battuti, avvenuta dopo il 5 maggio 1260 e certo prima del mese di aprile del 1313. La Bolla di Papa Eugenio IV lascia intuire che è possibile collegarla ad un primitivo gruppo locale spontaneo di Disciplinati già operanti a Serravalle e in rapporto con altre Confraternite operanti nel Trevigiano e Bellunese (le processioni furono possibili in gran parte del Veneto soltanto dopo la morte dei figli di Ezzelino da Romano, 24 agosto 1260). La Confraternita di S. Maria dei Battuti di Serravalle sembra costituirsi nella prima fase di sviluppo del movimento. Le prime formazioni di disciplinati furono avviate a Perugina intorno al 1260 da Ranieri Fasani e la loro azione conteneva un forte messaggio contestativo. Il rapido sviluppo in Italia e in Europa dei Disciplinati rispondeva al bisogno dei laici cristiani di vivere una vita religiosa più intensa e comunitaria dopo le proibizioni della chiesa di costituire nuovi ordini religiosi. E' anche espressione di una sentita contestazione degli stessi laici cristiani nei confronti del basso livello etico e morale delle strutture ecclesiastiche e della violenza intrinseca alla cultura civile e politica del tempo. E' la rivincita di un movimento sociale aggregativo, di autodifesa popolare, che in altre situazioni aveva dato origine a quei liberi Comuni di cui non vi è traccia a Ceneda e Serravalle. Il territorio fra Piave e Livenza fin dall'epoca altomedievale appare dominato insieme dal potere religioso, diviso a macchia di leopardo fra varie abbazie, gli episcopati di Ceneda, Belluno, il Patriarcato di Aquileia, e da quello feudale di antica origine arimannica longobarda. Non possediamo lo Statuto originale di fondazione della Confraternita, datato 10 aprile 1313, ma una sua redazione della seconda metà del Quattrocento: l'ultimo aggiornamento redatto nella stessa grafia iniziale è infatti del 1479. Nel 1313 Serravalle era saldamente in mano ai Caminesi di Rizzardo VI, mentre Ceneda era retta dal controverso Vescovo Francesco Ramponi. Vi è da osservare inoltre che degli stessi anni sono gli Statuti di diverse altre Congregazioni di Battuti dell'area Trevigiana e Bellunese: Ceneda, 1313; Treviso, 1313; Belluno, 1310; Castion, 1315… La nascita di queste Confraternite di Disciplinati non era sempre accompagnata dallo Statuto relativo, appunto per il loro carattere spontaneo. E' questo il motivo per cui questa improvvisa diffusione di Statuti, anche in città importanti come Treviso e Belluno, invece che la testimonianza del diffuso nascere di questi gruppi sia piuttosto la testimonianza che agli inizi del Trecento si sono verificate in zona le condizioni per un riavvicinamento alla Chiesa. Anche altrove questo rientro in seno alla Chiesa si ebbe successivamente ed il segno connotativo del nuovo clima fu molto spesso l'intitolazione delle Congregazioni a Santa Maria. La cura di questi pii istituti, a metà fra odierni Ospedali ed Ostelli di poveri e viandanti, era una delle pratiche fondanti sia di Confraternite mariane che di quelle dei Battuti, insieme agli esercizi penitenziali, culminanti per questi ultimi nella caratteristica processione di flagellanti, da cui prendevano il nome. Devozione a Maria e professione penitenziale spesso coesistevano.
La Cappella che aveva pianta rettangolare, oggi resa irregolare dalle successive modifiche, ha i lati minori orientati a nord-est/sud-ovest. Attualmente l'unico accesso dall'esterno è costituito da una porta che si apre a nord-ovest, sul lato lungo rivolto all'interno di Serravalle, e dà direttamente nella prima campata. Il canonico Lorenzo Crico nel 1832 scriveva che le campate erano tre, di cui due affrescate ed una finita a scialbo. Questa situazione derivava direttamente dal Quattrocento. Si ha notizia dai documenti, ma solo una volta di sfuggita, di una porta maggiore senza però altre informazioni che consentano di collocarla diversamente dall'attuale per cui, a nostro parere, la Cappella non ha mai avuto una facciata se non quella oggi prospiciente su piazza Tiziano Vecellio. La più antica immagine della cappella è quella fissata da G. Braun e F. Hogenberg nella incisione dedicata a Serravalle contenuta nel volume dell'opera Civitates Orbis Terrarum stampata a Colonia nel 1612. La struttura a due piani sovrapposti dell'edificio sembra originaria anche se non v'è ora quella permeabilità fra gli stessi che poteva essere realizzata in origine sia dall'interno, a partire dal fondo della terza campata, sia dall'esterno, mediante una scala collocata fra la Cappella e la Torre. Al piano superiore c'era la Sala per le riunioni della Confraternita che oggi appare completamente spoglia e disadorna. L'attuale aspetto esterno è, verso nord-ovest, derivato dalla demolizione dell'antica Torre (1827) e costruzione dell'attuale più ampia (1835-1846) nonché dall'analoga demolizione e ricostruzione dell'antico Ospedale avvenuta negli anni immediatamente successivi. Verso sud-est è il prodotto della moderna ristrutturazione, intervenuta nei recenti anni Ottanta, di fabbricati contigui di epoche diverse. L'impostazione neogotica dell'esterno, non si sa quanto rispettosa della situazione originale, è dovuta agli interventi ottocenteschi responsabili anche dell'ampliamento interno delle finestre che ha danneggiato parte degli affreschi.
L'interno della Cappella dunque è a due campate coperte da volte a crociera e divise da un arco; tutto lo spazio interno è ricoperto da pittura. Una terza campata si presenta oggi incompleta e semplicemente imbiancata. Tutti gli altari e arredi mobili sono stati collocati altrove. Le pareti, ad eccezione dei pilastri, sono dipinte a soggetto fino ad una altezza di 130 cm. dal pavimento: questo spazio è dipinto con una decorazione di riquadri a marmorino. | TOP |

FORTUNA CRITICA

Fu Luigi Lanzi per primo a portarli alla luce della letteratura artistica (anche se mostrò di non averli visti personalmente) e ad attribuirli ad una cultura artistica veneta minore di pittori vaganti. Nel 1832 il canonico Lorenzo Crico li attribuiva a Jacobello del Fiore e ne auspicava il restauro, avendoli egli visti anneriti dal fumo delle cucine da campo che nella chiesa erano state allogate dalle truppe del generale francese Massena di passaggio per Serravalle nel 1797. Poi seguì un lungo, sostanziale silenzio, interrotto da un drammatico tentativo di restauro del 1875, fino al Cavalcaselle che riprende l'attribuzione a quel Jacobello del Fiore che egli non amava particolarmente. La maggior parte della letteratura artistica fiorisce dopo il restauro compiuto nel 1953 da Leonetto Tintori e altri. Apre la via Michelangelo Muraro, soprattutto con il volume che raccoglie la relazione tecnica ed i primi apporti critici resi possibili dalla nuova lettura del ciclo. Il Muraro, che aveva sostenuto la direzione scientifica dei restauri, ripete il nome di Jacobello del Fiore, ma, riconoscendovi l'intervento di più mani, vi affianca Nicolò di Pietro, il "Maestro degli Innocenti", un pittore goticheggiante ed un pittore 'squarcionesco muranese'. Rodolfo Pallucchini (1955) ammette l'intervento solo della bottega di Jacobello. Nel 1975 il Muraro ritorna sull'argomento per assegnare invece gli affreschi più genericamente alle correnti di un "gotico-devozionale" di cui egli indica i connotati in un ambiente artisticamente conservativo legato alla funzione pastorale delle bibliae pauperum. Negli ultimi anni '90 sono stati interamente attribuiti ad un "Maestro dei Battuti di Serravalle", insieme con gli affreschi di Rugolo di Sarmede e dell'Oratorio della Trinità sopra le Ripe a Feltre. Recentemente è tornato sull'argomento Fossaluzza in una splendida pubblicazione sugli affreschi nelle chiese della Marca Trevigiana.
Crediamo anche noi che la ricerca attributiva abbia ancora necessità di approfondimento. Pensiamo però che tale indagine potrà essere foriera di un'auspicabile illuminazione di quei territori della cultura artistica, non strettamente veneto-friulana, finora troppo compressi dalle grandi figure; dall'abusato richiamo alle influenze tedesche; dalla incompleta conoscenza della cultura artistica quattrocentesca, fuori dai centri più noti, nella vasta terraferma. È al momento difficile ogni operazione attributiva e forse nemmeno determinante sotto il profilo storico artistico. È importante comunque riaffermare che l'intero ciclo di affreschi non è riconducibile ad uno stesso artista, per differenze di stile che si colgono leggibilmente, a volte cospicue ed a volte lievi, talora avvalorate dall'osservazione del sovrapporsi degli strati d'intonaco affrescato.
Se è ancora impossibile precisare le coordinate cronologiche che han visto la realizzazione della Cappella e del ciclo di affreschi forse non è inutile, a questo proposito, rilevare come nel messaggio iconico affiorino comunicazioni latenti il cui significato ancora ci sfugge ma che, rimandandoci oltre una funzione strettamente legata al servizio svolto dai Battuti nell'attiguo Ospedale, forse aprono spiragli sui tempi ed i modi delle origini. Appoggia quest'impressione l'assenza di qualsiasi simbolo dei Battuti negli affreschi. Proprio a quest'assenza è forse legata la necessità che ha fatto collocare in passato nella Cappella quelle due serie di tavole quattrocentesche con S. Lorenzo, S. Marco e Madonna dei Battuti, conservate ora al Museo del Cenedese. Lo stesso motivo aveva fatto sorgere anche negli studiosi qualche dubbio sull'appartenenza della Cappella ai Battuti prima della scoperta della perentoria affermazione di Eugenio IV sopra ricordata. Esiste, al piano di sopra, una classica immagine della Madonna della Misericordia, accompagnata dalle scritte "HOBEDIENTIA" e "CHARITA", che allarga le braccia sui Battuti, inginocchiati sotto il Suo manto: gli uomini alla destra col "flagello" e le donne recanti coroncine di cilicio, o il Rosario, alla sinistra. Ma il fatto che essa sia affrescata sul muro esterno della Cappella rivolto a nord-est, dunque nell'area dell'Ospedale, la ricollega automaticamente alla funzione ivi svolta senza attinenza necessaria con la Cappella. L'autore di quest'affresco è riconoscibile in Giovanni Antonio da Meschio, che operava a Ceneda nell'Oratorio di S. Pietro nel 1450. Lo stile di questo pittore è riconoscibile anche nella Madonna con il Bambino e nel S. Bernardino dipinti sui pilastri dell'ultima campata della Cappella. L'attribuzione, per evidenti analogie stilistiche, a questo pittore che risulta attivo alla metà del secolo e le considerazioni proposte dopo il restauro del 1953 concordano nel significare proprio queste due immagini come termine ante quem per datare i restanti affreschi. S. Bernardino, chiamato dal vescovo Antonio Correr, aveva predicato proprio a Serravalle durante la Quaresima del 1423, "l'anno del perdono generale", con esiti pare anche poco brillanti, nonostante le conversioni tuttora testimoniate dal trigramma di Cristo (JHS) su alcune case della cittadina. Era morto pochi anni dopo ed il suo culto non può aver avuto inizio prima della sua canonizzazione avvenuta il 24 maggio 1450. Di quest'immagine scrivevano Cappellaro e Momo: "Durante i lavori di restauro, ci si accorse infatti che quella pittura era stata applicata su un precedente affresco, eseguito qualche decennio avanti: ha trovato così conferma l'ipotesi che la decorazione di S. Lorenzo è stata ultimata prima della metà del secolo XV". Opinione avvalorata dal fatto che si legge una data: tradizionalmente 1446, ma forse anche 1426, graffita sopra gli affreschi sul lato destro della prima campata. In archivio si conserva una seconda lettera d'indulgenze a favore della Cappella, firmata da un Nicolaus, Cardinale prete di S. Croce e Legato della S. Sede per la Germania. L'estensore del documento è Nicolò Albergati, la più prestigiosa figura di Cardinale dell'epoca, vescovo di Bologna, padre spirituale di due successivi Papi: Niccolò V e Pio II, dichiarato Beato dopo la morte proprio per il suo impegno a favore delle opere di carità. L'Albergati, che è ricordato anche in una pergamena ed un'epigrafe per la concessione di indulgenze a favore di S. Andrea di Bigonzo, chiesa plebanale della Cappella, si trovava impegnato fra Emilia e Veneto nel secondo semestre del 1438, per ricevere l'Imperatore d'Oriente a Venezia e per dirigere il Concilio a Ferrara. Nel settembre 1438 dunque passava per Serravalle, diretto alla dieta di Norimberga come Legato papale. Il Cardinale, che risulta in quel periodo ospite di Ludovico Barbo, vescovo di Treviso, scrive: "Nos cupientes ut ipsa Capella congruis honoribus frequentetur et honorifice compleatur et ornetur..." ripetendo la stessa formula di Eugenio IV. La formula sarà ancora ripetuta uguale nel 1459 da papa Pio II in analoga lettera che accomuna nelle indulgenze anche i benefattori del Santuario di S. Augusta. Ora noi siamo inclini a pensare che ogni lettera possa indicare, in certo modo, una fase storica degli affreschi. Per varie ragioni ci sembrano appartenere ad un primo periodo, precedente e seguente il 1434: gli Evangelisti; le Storie di S. Lorenzo della prima campata sul lato destro; la Crocifissione. Nel pittore della Crocifissione e delle Storie di S. Lorenzo sulla destra della prima campata affiorano tracce di una cultura pittorica che mostra esperienze francesi, echi pisanelliani, risonanze umbro-emiliano-marchigiane ben riscontrabili. Ci sembra inoltre evidente la sua superiorità stilistica rispetto ad altri protagonisti del ciclo ben visibile nel tratto ed in quel suo colto uso di una spazialità organizzata ed aperta che il viraggio bruno dei cieli oggi fortemente penalizza. Lo stesso amore per uno stagliarsi su sfondi aperti, volto però a sottolineare una monumentalità cupa e scostante, ci sembra caratterizzare gli Evangelisti, entro una cifra stilistica dove è riconoscibile l'apporto alla cultura artistica di terraferma di Nicolò di Pietro. Fra tutte le opere affrescate proprio gli Evangelisti sembrano palesarsi come la prima decorazione della Cappella. Ad essi dovrebbe essere seguita l'enigmatica Crocifissione, per la consueta precedenza di tipo tematico e per certi particolari della parte superiore. A questa prima fase appartengono certamente l'idea e l'esecuzione delle Storie di S. Lorenzo sulla parete di destra, ma forse, sebbene di altra mano, anche le Storie della parete sinistra ove, con il martirio del Santo, non ci sembra casuale che le stesse abbiano termine, in maniera speculare rispetto alla parete di fronte. Ad un momento posteriore al 1438 invece potrebbe situarsi cronologicamente la realizzazione dell'intera seconda campata, preceduta dalla rispettiva volta. In questi affreschi si legge la mano di quel "Maestro dei Battuti di Serravalle" che ha dipinto nella Cappella degli Innocenti di Treviso e nell'Oratorio della Trinità sopra le Ripe di Feltre. Egli riprende qui alcune figure della sua esperienza trevigiana compiuta accanto a quel "Maestro degli Innocenti" alla cui lezione s'ispira. Il suo miglior estro egli dispiega nei Dottori della Chiesa dipinti sulle vele della volta. Questo pittore, che sulle pareti scade talora in un segno piuttosto sbrigativo, manifesta come propria caratteristica una sorta di horror vacui che lo porta all'utilizzo costante di fondali convenzionali d'architetture per le ulteriori Storie di S. Lorenzo ed il Polittico. Non sembra nemmeno curarsi della mancanza di impaginazione e prospettiva, preoccupato unicamente dell'effetto decorativo che ha come conseguenza, però, l'appiattirsi di scene e gruppi sull'intento didascalico in un'esposizione narrativa semplice e monocorde. È inoltre evidente il suo sforzo di assimilare i suoi modi e personaggi a quelli delle precedenti storie, forse per dettato della committenza, come è altrettanto evidente anche il suo intervento nella parte del Martirio di S. Lorenzo, nella prima campata. È ivi senz'altro suo il completamento della storia e quell'immensa architettura che riempie lo sfondo. Un'altra mano di pittore ancora traspare invece dalle Storie di S. Marco, dove si rinviene un'inclinazione verso un'impostazione elegante delle figure e qualche particolare che denotano conoscenza di pittura centro-italiana. Un dato interessante è costituito dal notevole uso in queste pareti delle finiture a tempera, meno diffuso in altre parti del ciclo pittorico. Al momento non è noto il motivo che ha portato alla raffigurazione di S. Agata sul pilastro sinistro, però è significativo che la Santa sia citata nella lettera di indulgenze del 1438 e non prima. Così come non è dato motivare la presenza dei SS. Liberale, patrono e simbolo di Treviso e Vittore, patrono e simbolo di Feltre, nell'affresco a Polittico. È vano motivarli semplicemente come patroni delle Diocesi finitime, anzi ciò deporrebbe piuttosto a sfavore per le inevitabili gelosie e rivalità. Forse è più significativo ricordare che Ludovico Barbo, vescovo di Treviso (1437-43), e Tommaso Tommasini Paruta, vescovo di Feltre e Belluno, proprio nel 1437-38 convisitavano la Diocesi di Treviso e il 17 agosto 1436 erano stati nominati ad effettuare insieme la visita apostolica in tutto il territorio del Patriarcato di Aquileia "con pieni poteri di riforma", ma non siamo in grado di giustificare meglio la presenza qui proprio di questi due Santi. Non siamo neppure in condizione di collegare con sufficiente dipendenza causale l'immagine di S. Augusta, sul pilastro destro, con il ritrovamento delle reliquie della Santa (1450) e l'inaugurazione del nuovo Santuario sul monte (1452) perché non sappiamo da quale data esso appartenesse ai Battuti, (forse già dal XIV secolo). Come conseguente invece alla lettera di Pio II del 1459 potremmo indicare la realizzazione degli affreschi di Giovanni Antonio da Meschio nel Santuario e del S. Bernardino e della Madonna con Bambino dell'ultimo pilastro in S. Lorenzo.
Crediamo che la storia dell'Oratorio dei SS. Lorenzo e Marco, purtroppo ancora densa d'ombre sia agli occhi degli storici che dei critici d'arte, risulterà variamente intrecciata con le turbinose vicende del tempo delle sue origini più di quanto ancora non appaia. È già consentito comunque guardare ad essa come ad un significativo esempio di una cultura artistica molto legata ai movimenti popolari di profonda devozione religiosa. Movimenti costantemente percorsi da fremiti di contestazione morale che si traducevano in un sincero impegno sociale sentito come assunzione di responsabilità diretta per una reformatio vitae che partiva dal basso: una sorta di radicata riaffermazione dell'impegno e del messaggio cristiano che dalla cupezza dei tempi trovava alimento per diffondersi largamente nelle masse.
È tutto un largo strato sociale, di popolari del contado e piccola borghesia cittadina, che esprime la propria protesta magari semplicemente soltanto privilegiando alcuni temi rispetto ad altri, di certi Santi, di simboli velati, sovente nati dalla letteratura apocrifa, ma comunque espressione di critica verso la gerarchia e di rifiuto dello scisma, troppo spesso generato quest'ultimo dai giochi degli intellettuali e dei potenti. È un'arte che puntava a comunicare con le masse e perciò facilmente tracima dalle sponde cronologiche del divenire delle correnti principali dell'arte italiana ed europea, ma costituisce il tessuto connettivo culturale e religioso della terraferma veneto-friulana fra Trecento e Cinquecento intorno ai grandi centri del sapere e dell'arte, Padova e Venezia in particolare. | TOP |



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